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Osservatorio Digitale: ricerca al servizio dei territori

Intervista a Sandro Giorgetti, Fondatore dell’Osservatorio

Osservatorio Digitale: ricerca al servizio dei territori

Oggi approfondiamo l’Osservatorio Digitale, di cui Tonidigrigio è socio fondatore dal 2021.
Ce ne parla Sandro Giorgetti, responsabile e fondatore dell’Osservatorio.

Quali esperienze ti hanno fatto riconoscere l’urgenza di dare avvio ad un progetto come questo?

L’Osservatorio Digitale nasce da un’esigenza concreta che ho avvertito quando sono stato responsabile del Digital Media Team per la Regione Marche. Non trovavo dispositivi capaci di tener conto non di una semplice campionatura, ma del territorio nel suo insieme, individuando i valori utili a definire KPI e strategie per offrire un valore tangibile alla realtà locale.

Un esempio specifico riguarda il turismo: serviva capire in che modo le attività incidevano sul business privato e sulla reputazione dei brand turistici delle Marche. Non avendo a disposizione questi strumenti, ho deciso di crearli personalmente.

Ciò che restituiamo con l’Osservatorio non è una semplice classificazione o aggregazione di dati – pur interessanti – ma offriamo chiavi di lettura capaci di generare una visione strategica per la Regione Marche, utili per compiere scelte, allocare risorse, comprendere il mercato e valutare con quali strumenti si riesce davvero a rispondere alla domanda.

Com’è nato l’incontro con Tonidigrigio?

Insieme al primo evento importante del Digital Index, organizzato per Università Politecnica delle Marche – un contesto ampio, un numero elevato di contenuti e una forte esposizione pubblica e mediatica – si è creata la condizione per allargare il lavoro e coinvolgere nuove competenze.

Tonidigrigio è stato il primo soggetto con cui è nato un confronto. Ci eravamo già incontrati in diversi contesti e non ci siamo mai visti come competitor, anzi, abbiamo riconosciuto ambiti di collaborazione possibili e abbiamo cominciato a dialogare, in particolare con Massimo.

È stato subito chiaro che avevamo un approccio identico al lavoro: niente “fidanzamento” o “matrimonio”, ma una convivenza immediata, basata sulla consapevolezza che questo mestiere ha due possibili strade.

La prima: il cliente ascoltato, e si mettono a disposizione tutte le competenze per raggiungere gli obiettivi, comprendendo le dinamiche creative, organizzative, strategiche.

La seconda – la nostra – consiste nel capire che ogni cliente è diverso, ogni volta si parte da zero, e che ogni progetto va costruito partendo da un metodo: analisi, studio della domanda e dei competitor, immersione nel contesto reale e, soprattutto, umano.

L’Osservatorio si inserisce esattamente in questa fase analitica, per creare le migliori condizioni affinché il lavoro non dipenda esclusivamente dalla propria capacità creativa e comunicativa, ma sia una conseguenza della fase di impostazione e del metodo di lavoro.

Oggi come si struttura l’Osservatorio Digitale? Chi lo compone?

All’inizio l’Osservatorio era essenzialmente costruito attorno alla mia figura: individuavo e analizzavo personalmente diversi KPI. Era importante capire come strutturare e padroneggiare ogni azione in modo da creare le basi per un’organizzazione competente.

Con la mole crescente di dati da analizzare, l’intero progetto è stato messo a dura prova. Perciò il passo successivo è stato capire come creare i presupposti per unire le forze.

Ho comunicato immediatamente a Tonidigrigio che, in quel periodo, non mi sentivo sufficiente per gestire il lavoro da solo. Ci siamo resi anche conto di aver bisogno di un terzo soggetto che ci avrebbe dato un respiro nazionale, come si è poi realizzato.

In questo momento, insieme a Tonidigrigio e la Holding Corner – a cui fanno capo alcuni tra i più importanti soggetti della comunicazione e del marketing in Italia – abbiamo costruito solide basi per relazionarci a quei contesti che fanno crescere e conoscere l’Osservatorio Digitale. Anche per questo abbiamo sede a Firenze, dove ha luogo la Holding Corner, da cui possiamo guadagnare uno sguardo più ampio sul lavoro.

Oggi la composizione del CDA è in equilibrio tra i tre soggetti: c’è un accordo eccellente fra tutti, sappiamo cosa possiamo fare, quanto possiamo dedicarci e come dare il nostro contributo. L’Osservatorio, come ci eravamo prefissati fin dall’inizio, sta costruendo un posizionamento unico e coerente, nonché una serie di rapporti significativi.

Ci racconti la sfida più impegnativa che avete affrontato insieme?

Italia s’è digital è stata una follia più che una sfida: individuare, su oltre 8mila comuni italiani, tutte le attività di comunicazione social comunali, regionali e delle Istituzioni Nazionali. Alla fine abbiamo presentato il progetto il 28 giugno a Roma, nello spazio espositivo Esperienza Europa – David Sassoli promosso dal Parlamento Europeo, in Piazza Venezia.

Il problema principale è stato proprio individuarle. Ci siamo da subito confrontati con la complessità di estrarre da ogni caso l’ufficializzazione delle informazioni attraverso alcuni elementi inseriti dal soggetto di ricerca stesso: l’email, il sito di riferimento, la riconducibilità agli atti dei contenuti, etc.

Insieme a Tonidigrigio abbiamo poi svolto un lavoro di aggregazione e significazione dei dati, davvero complesso, ben al di là del solo aspetto comunicativo e grafico.

Per garantire equilibrio e democraticità nella ricerca, ci vuole anche equità temporale. Perciò è stato fondamentale che la raccolta dei diversi dati fosse rapida, in modo che non passasse un lasso di tempo troppo grande fra l’uno e l’altro. Questo ha significato mettere in piedi una squadra numericamente importante e, soprattutto, ben formata: non ci si può permettere di offrire dati non verificati e non verificabili – devono essere certi, oggettivi, oltre ogni forma di interpretazione. In questo ci siamo fortemente impegnati.

Infine, ciò a cui teniamo molto, abbiamo restituito come sempre una chiave di lettura: in ragione di questi indicatori, e per come conosciamo il mercato, riteniamo che…, in ragione di quel soggetto e di quel contesto, emerge che…

Proporre una chiave di lettura può essere un compito oneroso: come vede l’Osservatorio Digitale la propria responsabilità rispetto al territorio?

L’Osservatorio Digitale non prevede solo una committenza privata. Certo, le nostre ricerche offrono a privati l’opportunità di comprendere il proprio posizionamento rispetto al mercato di riferimento. Ma non ci siamo fermati a questo ruolo, che avrebbe industrializzato il progetto – e di cui comunque abbiamo bisogno per poterlo sostenere. Infatti, abbiamo prefigurato il nostro progetto anche come un soggetto che abbia un posizionamento etico rispetto ai contenuti e all’audience.

Per cui, attraverso convegni, congressi, a volte coinvolti da enti di carattere formativo come le Università, altre volte in ambito ministeriale, siamo portatori di ricerche che mettiamo a disposizione del contesto locale. Questo poiché riteniamo che l’Osservatorio – già dal proprio nome – abbracci ampie vedute. Sappiamo che non esiste questo tipo di sostegno per piccoli soggetti, che non hanno un budget sufficiente a disposizione e non possono permettersi ricerche di questo livello.

L’osservatorio Digitale mette sempre a disposizione pubblica i dati, soprattutto quando questi possono essere utili per un intero sistema di riferimento.

Quello che ricaviamo viene reso accessibile a chiunque ne abbia necessità. Notiamo che chi scarica maggiormente i report sono studiosi universitari. Questo ci riempie di orgoglio, perché è importante trasmettere un messaggio educativo alle nuove generazioni: i dati non sono solo numeri, ma vanno anche interpretati.

Irene Sorrentino

Irene Sorrentino

Copywriter

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